mercoledì 19 giugno 2019

Percorsi interculturali

Percorsi interculturali: costruire dialoghi tra popoli in carcere e nel territorio

Progetto di Cooperativa Di Vittorio, Assocazione Studi Umanistici Rogersiani e Istituto dell'Approccio Centrato sulla Persona sovvenzionato con 8x1000 Tavola Valdese

Tavola rotonda di illustrazione del progetto, ingresso gratuito

domenica 26 maggio 2019

"Gli occhi di Oriana" di Sandro Sechi, Fazi Editore, 2006

Sandro Sechi lavorava per la sede di New York della Rizzoli, quando la casa editrice gli chiese di assistere Oriana Fallaci nella sua vita quotidiana, diventata assai sofferente a causa della malattia purtroppo fatale.
Per cinque mesi il connubio tra Sandro Sechi e Oriana Fallaci ha resistito alle mille intemperanze di lei. Probabilmente per Sandro Sechi non fu semplice resistere, tant'è che improvvisamente Oriana lo mise alla porta e la dirigenza lo relegò al centralino della Rizzoli, successivamente lo licenziò.
Dall'intera vicenda uscì "Gli occhi di Oriana", edito un anno dopo la morte della scrittrice fiorentina.

Aneddoti riguardanti Oriana Fallaci e i suoi ospiti, amicizie, gelosie, fragilità, entusiasmi, timori, fissazioni e intemperanze: tutto ciò è descritto nel libro senza filtri, svelando la persona fino ad allora nascosta dietro al personaggio.
Dalla pubblicazione del libro è nata una discussione sul suo tenore etico. Molti accusano Sandro Sechi di sciacallaggio mediatico, molti altri lo osannano per averci donato l'umanità che era in Oriana Fallaci.

Il mondo dei media ha le sue regole, se non le rispetti, le conseguenze possono essere molto gravi. Stiamo parlando di regole che veicolano rapporti tra le persone. Sandro Sechi era stato inviato come uomo di fiducia e doveva limitarsi ad assistere la povera donna, ciononostante ha prevalso in lui il DNA del giornalista. La copertina del libro definisce esplicitamente quell'incarico come la grande occasione che l'autore attendeva.

Forse l'errore è stato a monte: se ad assistere Oriana Fallaci fosse stato mandato un personaggio con una formazione maggiormente incline alla relazione di aiuto,  tutto ciò non sarebbe accaduto. E' vero, anche i giornalisti hanno un codice etico, ma evidentemente il criterio della libertà di stampa vince sul diritto alla privacy di ciascuno di noi. In questa prospettiva, il personaggio pubblico schiaccia il cittadino privato.

Ebbene, ancora una volta è stata data per scontata la relazione di aiuto. Nessuno si sognerebbe di rivolgersi a un medico quando ha bisogno di un cuoco o a un meccanico quando ha bisogno di un fioraio ... eppure è stato inviato un giornalista, quando era necessario avere un infermiere o un assistente sociale o uno psicologo o tutti e tre insieme.

Non so se consigliare di leggere il libro, perché il pensiero che esso non sia stato autorizzato dalla diretta interessata mi infastidisce: non avrei voluto violare la sua vita privata. D'altra parte è proprio vero che adesso conosco molti aneddoti che hanno modificato la mia percezione di Oriana Fallaci: fino ad oggi ignoravo l'umanità che è in lei ed il mio giudizio complessivo sull'autrice va ben oltre le mere sue idee politiche.

mercoledì 8 maggio 2019

"Diario di Zlata" di Zlata Filipovic, 1994

Correvano i primi anni '90. Mentre io studiavo all'Università, una bambina di nome Zlata veniva privata della sua infanzia a causa della guerra.
In genere pensiamo alle guerre come eventi sepolti nelle pagine gialle di storia. Invece io ricordo quella guerra. Ho visto alcune immagini attraverso i telegiornali, ma nessuna TV è in grado di mostrare tutta la tragedia in atto, forse anche perché siamo tristemente assuefatti alla violenza trasmessa dai tubi catodici.
Zlata era una bambina normalissima, felice, curiosa, intelligente e perspicace. Amava la musica, suonava il pianoforte e adorava la scuola. Avrebbe anche lei voluto avere la sola preoccupazione di soddisfare le aspettative degli adulti che contribuivano alla sua educazione.
Invece la stanza che ospitava il pianoforte di Zlata è diventata improvvisamente pericolosa, perché esposta ai cecchini. Ancora bambina, Zlata si è confrontata con bombe, morti, palazzi distrutti e la sua città ridotta a macerie: Sarajevo, che soli pochi anni prima era stata rimessa a nuovo per via delle Olimpiadi.
Quando Zlata ha iniziato a scrivere il suo diario, mai avrebbe potuto immaginare che stava scrivendo un documento storico.
Per fortuna Zlata è sopravvissuta insieme ai suoi genitori. Ma la sua infanzia non le sarà mai restituita.

giovedì 21 febbraio 2019

"Il giudice che scopre il carcere" di Cristina Bassi e Luca Fazzo, tratto dalla rivista Ristretti 19 febbraio 2019

E' impressionante quanto poche parole possano descrivere così chiaramente l'ambiente del carcere nella sua infinita complessità.
Un giudice visita a fine carriere il carcere nel quale ha costretto i suoi condannati per 17 anni. Finalmente ha dato uno sguardo alle celle e alle condizioni in cui sono costretti a vivere i detenuti.

Lavoro in carcere dal 2003 come psicologo. I testi giuridici parlano della inalienabile funzione trattamentale della pena, ma la realtà penitenziaria rende le pena solo umiliante, infatti lì dentro non funziona praticamente  niente: non c'è igiene, pochissime le iniziative formative, praticamente assente il lavoro. La maggior parte dei detenuti si annoia giorno e notte.
Gli operatori penitenziari fanno i salti mortali per garantire il minimo sindacale.
Ovviamente la materia è politica. Senza i necessari investimenti, non è possibile organizzare niente  di concreto.
Ebbene, sarebbe bello sapere che i nostri giudici fossero più consapevoli di tutto ciò e ancora più bello sarebbe sapere che gli ambienti penitenziari fossero maggiormente aderenti al mandato costituzionale della funzione della pena.
Ecco il link dell'articolo a cui faccio riferimento: Il giudice scopre il carcere

lunedì 4 febbraio 2019

"La compagnia del cigno" serie televisiva RAI1

L'idea era buona: le vite di 7 adolescenti si intrecciano in conservatorio nel corso di una quotidianità articolata in sessioni di prove, studio e lezioni. 7 protagonisti, tanti quante sono le note della scala.
Giovani che studiano musica classica e amano faticare dietro ad un leggio, perlustrando le note scritte sui pentagrammi di Beethoven, Ravel, Bach, Mozart, Verdi, etc.
Ho seguito la serie televisiva per intero, perché io avrei potuto essere uno di loro: ho studiato musica alla Scuola di Musica di Fiesole e sono diplomato in oboe.
Quale occasione migliore per divulgare un'arte ormai dimenticata? Eppure ... quale arte più bella della musica?
Invece la serie televisiva lascia (ancora una volta) sullo sfondo la musica a vantaggio delle tragedie che caratterizzano i protagonisti: chi trova una vita regolare malgrado la sua cecità, chi ha i genitori separati, chi un fratello che combatte contro il tumore, chi è rimasto orfano di madre nel terremoto, chi si innamora della ragazza di un altro ceto sociale e chi viene conteso tra la mamma ex-tossicodipendente e la coppia affidataria. Tutte le problematiche sono l'occasione per riflettere su temi legati al sociale e alla sofferenza umana, oltre che alla tutela dei minori: il tema dell'aborto, delle difficoltà ad elaborare le emozioni, l'omosessualità, la sicurezza delle strade, il diritto allo studio, il supporto psicologico.
Complessivamente la serie televisiva è piacevole, per quanto a tratti fin troppo stucchevole.
Rimane l'ottima idea di parlare di musica, per quanto tradita già al termine della prima puntata. Peccato!

"Sogno imperfetto. Come vivere diversamente felici" di Francesca Cerreto. I Libri Mompracem, 2022

Un diario autobiografico scritto da una mamma, che insieme al marito adotta un bambino con bisogni speciali.  Dal libro si evince quanto già...