Nel corso di questa estate, il flusso
migratorio di popoli provenienti da paesi in guerra o comunque da
paesi funestati dalla povertà, sembra raggiungere rispetto al
passato dimensioni da record sotto diversi profili: 1) il numero di
persone che si spostano è sempre maggiore; 2) i mezzi di
spostamento impiegati, prima interessava prevalentemente barconi di
fortuna, oggi coinvolge anche mezzi su gomma e persino persone che si
spostano a piedi o a nuoto o su semplici canotti; 3) i paesi di
immigrazione coinvolti (non più solo l'Italia per raggiungere il
nord Europa, ma anche la Grecia e altri paesi confinanti con l'Est come la
Romania e la Bulgaria); infine, 4) il numero di persone che nel
viaggio della disperazione trovano la loro tragica fine sembra essere
senza fine.
Donne, bambini e uomini, senza
volto e senza nome, morti nel tentativo di trovare una nuova vita.
La trappola letale è spesso la stiva
di improbabili imbarcazioni, bloccata da trafficanti senza scrupoli
che fanno sedere altri migranti sull'unica botola di accesso. Le
tariffe di viaggio sono imposte prevedendo anche diverse posizioni
nelle barche: chi paga meno, occupa i posti più pericolosi. Nella
stiva, inoltre, i fumi del motore facilmente soffocano le decine e
decine di persone ammassate come sardine.
I container di articolati, costruiti
per trasportare merci, sono facilmente luogo idoneo per
morire asfissiati o bruciati dalle alte temperature: senza prese
d'aria o dispositivi di raffreddamento, talei ambienti sigillati
dall'esterno e senza alcuna possibilità di aprirli dall'interno,
sotto al sole estivo si trasformano in forni di essere viventi.
Il fenomeno migratorio sta raggiungendo
dati così ingenti, che persino i paesi fino ad oggi apparentemente
(ed egoisticamente) distratti o ciechi o sordi, iniziano a invocare
nuove politiche internazionali: la Germania, con la cancelliera
Angela Merkel in primo luogo, sembra svegliarsi solo in occasione del
summit tra i leader dei paesi balcanici e i rappresentanti
dell'Unione Europea iniziato a Vienna il 26 agosto 2015, dopo che
nelle autostrade austriache sia stato rinvenuto un camion pieno di
circa 50 morti: il camion sostava abbandonato in una piazzola di
emergenza probabilmente da due giorni interi ed è stato ritrovato
pieno di corpi di migranti già in via di putrefazione.
A fronte delle dichiarazioni di Angela
Merkel, verrebbe da dire “meglio tardi, che mai”, tanto più che
altri primi ministri le hanno fatto eco con annunci simili.
Ribadisco: “meglio tardi che mai!"
Un'immigrazione dal nuovo volto, destinata a cambiare il volto dell'intera Europa.
Guardando la misera fine delle migliaia di persone che trovano la morte nel loro gesto migratorio, non posso fare a meno di pensare che sembra non ci sia limite alla brutalità esercitata dall'uomo contro i suoi simili.
Guardando la misera fine delle migliaia di persone che trovano la morte nel loro gesto migratorio, non posso fare a meno di pensare che sembra non ci sia limite alla brutalità esercitata dall'uomo contro i suoi simili.
Con tristezza possiamo constatare che
le infinte storie di violenza subita dai deboli per mano dei più
forti nel corso dell'intera storia dell'umanità continua a non
insegnare proprio niente.
Eppure, io credo che la politica (che
pure è uno strumento necessario a produrre una risposta al fenomeno)
abbia effetti più efficaci se sostenuta da un rinnovamento della
cultura europea, la cui priorità sia non più di trovare punti di
condivisione in una identità di popolo (per la verità già molto
debole e precaria …. non ci sentiamo europeri, ma francesi,
tedeschi e italiani), ma di aprirsi a nuovie identità, che mai fermeranno i loro spostatmenti, perchè è nella natura dell'uomo lasciare regioni
svantaggiate, per raggiungere aree più fortunate e rigogliose.
E forse il concetto di confine andrebbe rivisitato, seppure nell'ovvia necessità di tutelare le persone, ma non più solo alcune di esse. Il nuovo obiettivo potrebbe essere lo studio di equilibri sociopolitici più rispettosi per tutti.
La cultura è, ne sono convinto, uno strumento di cambiamento, specie se il cambiamento vuole andare nella direzione di un miglioramento della condizione di vita dell'Uomo sul pianeta Terra.
La cultura è, ne sono convinto, uno strumento di cambiamento, specie se il cambiamento vuole andare nella direzione di un miglioramento della condizione di vita dell'Uomo sul pianeta Terra.
Nessuno di noi può e deve sentirsi
escluso da tale obiettivo. Tutti siamo parte attiva nella costruzione
dell'aria sociale e culturale che respiriamo: ignorare, significa
contribuire a creare una cultura povera di idee e, pertanto, meno
adatta al confronto.
Per assumere una visione del mondo
solidale, credo si debba contribuire a diffondere idee e concetti
idonei al dialogo.
In tutto questo, mi sono chiesto quale
potrebbe essere il mio contributo: così ho pensato di proporre
alcuni titoli, che possano aiutare il
lettore a spostare la propria percezione del mondo da una posizione
egocentrica ad una visione alternativa, più complessa e più attenta
all'Altro, ovvero a colui il quale solo apparentemente è diverso da
me, ma in realtà altro non è che una persona come me.
"Resurrezione" (1899) di Tolstoj. Un viaggio per istituti penitenziari russi. Il tentativo di riparare a un gesto compromettente, porta il protagonista a seguire la propria amata lungo l'intera esperienza detentiva ingiustamente inferta da un sistema di giustizia iniquo e insensibile. La storia d'amore e i mille racconti di vita si intrecciano in un lungo e intenso romanzo, le cui pagine grondano di dolore e lasciano poco spazio alla speranza. L'unica via di uscita è intraprendere la strada della spiritualità e della testimonianza: solo se ciascuno di noi si impegna ad assumersi la responsabilità morale dei comportamenti personali, possiamo sperare in un miglioramento della società.
“Diario dal carcere” (1946) di Luise Rinser. La testimonianza di una detenuta politica in epoca nazifascita: tedesca detenuta nelle carceri governative per avere idee contrarie a Hitle, le pagine redatte in segreto in ambiente inframurario trasudano il suo orgoglio a tener fede alle proprie idee contro ogni forma di discriminazione raziale.
“Diario dal carcere” (1946) di Luise Rinser. La testimonianza di una detenuta politica in epoca nazifascita: tedesca detenuta nelle carceri governative per avere idee contrarie a Hitle, le pagine redatte in segreto in ambiente inframurario trasudano il suo orgoglio a tener fede alle proprie idee contro ogni forma di discriminazione raziale.
"Se questo è un uomo" (1947) di Primo Levi. L'esperienza del celebre autore in campo di concentramento come vittima della repressione razziale perpetrata dal regime nazista contro gli ebrei solleva interrogativi fondamentali sulla dignità umana.
“Il signore delle mosche” (1954) di William Golding. Un romanzo che solleva interrogativi molto seri sulla natura dell'uomo. L'autore lascia credere che la guerra sia un istinto naturale che prende il sopravvento ogni qualvolta sia lasciato covare indisturbato.
“Il signore delle mosche” (1954) di William Golding. Un romanzo che solleva interrogativi molto seri sulla natura dell'uomo. L'autore lascia credere che la guerra sia un istinto naturale che prende il sopravvento ogni qualvolta sia lasciato covare indisturbato.
“Il re della pioggia” di Saul
Bellow (1958). Un ex militare americano, annoiato dal benessere e
dalle frivolezze del suo stile di vita, effettua in viaggio,
scoprendo nuovi costumi, ciascuno con le sue sue profonde saggezze e
malvagità. Un vero e proprio bagno nell'alterità, che aiuterà il
protagonista a rivoluzionare l'ordine di priorità ai propri valori
morali.
“Il giardino dei Finzi-Contini”
(1962) di Giorgio Bassani. Le persecuzioni raziali in epoca
nazi-fascista non potevano censurare le emozioni profonde della
vittime, che continuavano nonostante tutto ad amare, tradire,
allacciare amicizie e svilupare gelosie. L'uomo è duro a morire.
“Le opinioni di un clown” (1963) di
Heinrich Boll. L'esperienza di un clown che non riesce o non vuole
uniformarsi all'omologazione di un popolo fin troppo aderente a
schemi morali rigidi e indissolubili. Il suo disagio à lo specchio
della malattia sociale che lo circonda.
“Elogio dell'imperfezione” (1987)
di Rita Levi Montalcini. Si tratta dell'autobiografia del celebre
premio Nobel. Attraverso la ricerca scientifica, l'autrice riesce a
dimostrare che nella ricchezza della natura c'è la forza della vita.
“Il vecchio che leggeva romanzi
d'amore” di Luis Sepulveda (1989). Civiltà e culture a confronto,
dove il sneso della vita si insinua nello sforzo di cogliere le
conoscenze derivanti da popoli che vivono in ambienti estremi, a
contatto con la natura più selvaggia e incontaminata che si possa
immaginare.
“La solitudine del cittadino globale”
(1999) di Zygmunt Bauman. Il noto sociologo offre un'approfondita
analisi degli effetti di una globalizzazione sulla qualità della
vita postmoderna, laddove la perdita delle tradizioni implica
sconforto e sentimenti di paura e incertezza. L'autore auspica lo
sviluppo di una società più solidale e meno egocentrica.
“Qualcuno con cui correre” (2001)
di David Grossmann. L'avventura di un ragazzo che correndo alla
rincorsa di un cane, scopre le mille sfaccettature della società in
cui vive. Rumori, odori e suoni mediorientali paiono scorgersi nel
corso della lettura che offre un vero e proprio panorama
mediorientale.
“Il cacciatore di aquiloni” (2004)
di Kahaled Hosseini. Un romanzo intenso ed emozionante, il cui
percorso porta il lettore a gettare il cuore oltre la staccionata. Il
senso di appartenenza è ben più forte del rifiuto quando si è
amati incondizionatamente dalla persona che ritenevamo inferiore
anche solo per un malcostume.
“Giocando a calcio a Kabul” (2009)
di Awista Ayub. La storia autobiografica dell'autrice, figlia di
genitori afghani, cresciuta in America. Dalle pagine del libro ne
esce un confronto tra civiltà tanto intenso quanto struggente: un
ottimo viatico per distruggere tanti e tanti pregiudizi in nome dello
sport.
“Nel mare ci sono i coccodrilli”
(2010) di Fabio Geda. Si tratta della storia di un minore non
accompagnato che valica il confine italiano e cresce assistito da una
comunità di accoglienza. Le mille peripezie trascorse nel
lunghissimo e pericolossissimo viaggio, sono ripagate dalla
prospettiva di un nuovo futuro. Racconto molto emozionante.
“Magazzino 18” (2014) di Simone
Cristicchi. La messa in scena dei profughi del Fiuli Venezia Giulia,
italiani scappati dalla repressione di Tito, macerati per tutta la
vita dal sentimento di nostalgia delle proprie case abbandonate.
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