lunedì 19 giugno 2023

"Geografia di un dolore perfetto" di Enrico Galiano. Garzanti Editore, 2023

 Non è il primo libro che leggo di Enrico Galiano, qualche tempo fa mi ero imbattuto nella sua opera intitolata "L'arte di sbagliare alla grande" e ne rimasi entusiasta. Ogni aspettativa derivante dal mio primo incontro con l'Autore è stata qui confermata. Scrittura semplice, ma mai banale nei contenuti, anche se a tratti ho avuto l'impressione che la tecnica espositiva rischiasse di dominare la trama: una pecca veniale se si considera che gli spunti sul signficato della relazione tra padre e figlio sono davvero numerosi.

Mentre leggevo le mille vicissitudini passate dal figlio nel tentativo di crearsi un padre, non ho potuto fare a meno di richiamare dalla mia memoria la concezione di buon genitore nella teoria della personalità di Carl Rogers, il mio autore di riferimento nella mia professione di psicoterapeuta.  

Ebbene, cosa dice Rogers in merito alla funzione genitoriale? La principale è quella di amare incondizionatamente il figlio. Il concetto è presente anche nella teoria di Kohut. Ciascuno di noi nel corso dello sviluppo della propria personalità ha avuto bisogno di qualcuno che credesse nelle nostre capacità, perché sviluppassimo la necessaria autostima da poter a nostra volta trovare il coraggio di perlustrare e conoscere il mondo, oltre che noi stessi. La maturazione psicologica è frutto di un gioco di specchi: io credo in me stesso se trovo qualcuno che creda in me. Ciò che conta non è tanto la presenza costante di un genitore, quanto la garanzia che qualcuno (o qualcosa?) eserciti tale funzione. Quel qualcuno, come accade nel libro, può essere anche un genitore intermittente, il cui vuoto è colmato dalla fantasia, vuoi anche supportata da un oggetto ponte (nel libro di Galiano, l'atlante), che unisce l'esperienza al desiderio di un genitore, in modo da completare così quel vuoto intermittente di una funzione genitoriale. Malgrado il dolore derivante dalla sgradevole esperienza del vuoto lasciato dal padre assente, l'oggetto ponte ha fornito il suo contributo nel supportare lo sviluppo di una personalità sufficientemente sana. 

Colmare il vuoto con l'oggetto ponte e con la fantasia: proviamo ad approfondire il concetto. A proposito di oggetto ponte, Winnicott parla di oggetto transizionale, ovvero di un oggetto che permette al bambino di transitare dalla totale dipendenza dal genitore ad una progressiva autonomia veicolata da un oggetto esterno, che gioca la funzione simbolica di alterità, con la quale il bambino impara a relazionarsi.  Quell'oggetto è pieno di carica simbolica, è il significato che il bambino (futuro adulto) impara ad attribuire non solo all'intero mondo, ma anche (e soprattutto) alla propria esperienza personale. Nel libro Enrico Galiano ben descrive quanto l'atlante sia stato importante per garantire una presenza paterna in sua assenza. 

Ancora sulla fantasia. Quante volte nella vita quotidiana troviamo fin troppa censura alla funzione giocata dalla fantasia? Pare che le nostre insicurezze cerchino simulacri di rassicurazione nella sterile logica della razionalità. Così non è stato per fortuna nel caso del nostro Autore ancora bambino, laddove gli adutli che lo circondavano (la madre e gli insegnanti) gli hanno concesso di giocare con l'atlante e di viaggiare in giro per il mondo, laddove anche solo (ancora una volta) con la fantasia il bambino si relazionava con un padre assente concretamente, ma presente nella sfera emotiva dell'infante dalla personalità ancora in fieri.  

Preme qui sottolineare che la teoria di Rogers ha un sapore rassicurante e allo stesso tempo ottimista, perché insiste sull'avverbio "sufficientemente": in chiave psicologica non è utile pensare alla perfezione, bensì alle condizioni (necessarie e sufficienti) presenti all'interno della relazione genitore-figlio, perché la forza biologica di sviluppo faccia il suo percorso evolutivo naturale (Rogers chiama tale forza "tendenza attualizzante"): ogni essere vivente è dotato di tale forza e la funzione genitoriale deve essere sufficientemente accogliente e stimolante da lasciare che essa si sprigioni: in tal modo lo sviluppo della personalità si sviluppa in autonomia.

Io non so se l'Autore di "Geografia di un dolore perfetto" conosce la teoria di Carl Rogers, però è davvero sorprendente quanto il suo scritto autobiografico rappresenti la prova della veridicità della teoria qui citata. 

Nel complesso la lettura è piacevole e profonda allo stesso tempo. Il racconto autobiografico non manca di sorprese e tutto ciò rende l'opera accattivante, malgrado il tema non sia dei più semplici: nel libro di Galiano sembra che ogni uomo si confronti con le sue debolezze primariamente quando diventa padre. Gli errori di una vita intera si concretizzano di fronte agli occhi e ai vissuti del figlio.

Senza ombra di dubbio il libro è da leggere, con gli occhi di figlio e (per chi ha la fortuna di esercitare a qualsiasi titolo una funzione genitoriale) anche con gli occhi di padre o madre.

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