mercoledì 19 agosto 2015

"La locandiera" di Carlo Goldoni

Una commedia brillante, nella quale l'ironia trova una perfetta convivenza con tutti gli ingredienti goldoniani.
Il rapporto tra le classi sociali non toglie naturalezza alle relazioni tra i personaggi, tutti mossi dalle medesime motivazioni profonde: l'amore, i sentimenti, il bisogni di essere se stessi, anche al costo di dover rivelare le più intime ambizioni.
Pur rivendicando presunti diritti di ceto, i personaggi antepongono la persona al ruolo sociale. Chi non agisce in questo modo (il cavaliere), è bersagliato e denigrato dagli altri (la locandiera, il marchese e il conte).
Ogni personaggio ha pregi e difetti. I tratti di personalità messi a confronto creano le dinamiche relazionali che sottendono la scene della commedia: l'ingenuo, rischio e anche un po' invidioso (marchese), si scontra col vanitoso, riccone un po' arrogante (il conte) a sua volta in antitesi col misantropo cavaliere.
Colpisce la spontaneità con la quale i personaggi espongono i propri sentimenti: tutti gli uomini che compaiono in scena sono innamorati della locandiera e non ne fanno un mistero, la vogliono conquistare, per averla in sposa.
Dalla lettura della commedia non posso fare a meno di raccogliere un insegnamento morale (anch'esso tipico del teatro gordiano): non è giusto prendersi gioco dei sentimenti (e delle fragilità) altrui.
Leggera e allo stesso tempo significativa, la lettura della commedia scorre molto velocemente, nonostante sia scritta in un italiano desueto.
Da psicologo mi piace sognare un mondo popolato da persone dotate della medesima capacità dei personaggi goldoniani a manifestare i propri sentimenti: forse in questo modo vivremmo in una società meno giudicante e più accettante.

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